Iconografia nella pittura romana
Le uniche opere romane rinvenute sono gli affreschi sui muri delle loro case raffiguranti imitazioni di marmi,
colonnati e soprattutto paesaggi di giardini e scene campestri. Le tecniche prevedevano l'uso della tempera o dell' encausto.
La tecnica
dell’affresco nel mondo romano era giunta ad
un altissimo livello di
specializzazione ne è testimonianza uno scritto di Plinio che nel trattato Naturalis Historia raccomanda l'esecuzione con cinque strati: tre di malta di sabbia e due di calce di marmo.
I romani vennero a contatto con la cultura greca tramite le campagne militari, e ne assimilarono modelli e tecniche talvolta creando imitazioni.
L'arte greca rappresenta calma e bellezza, mentre quella
romana energia e movimento.
I pigmenti utilizzati nella pittura antica erano di origine minerale, cosa che
ne ha determinato il mantenimento, o vegetale; altri erano prodotti
artificialmente, o ricavati dalla mescola dei colori primi, Vitruvio che nel trattato De architectura si dilunga sull’origine e la qualità dei pigmenti,
enumerando un totale di sedici colori: due organici, cinque naturali e nove
artificiali.
Il pittore nel mondo romano non gode di una considerazione molto diversa dagli
altri artigiani, e quindi non ha un buono status sociale, dato il disprezzo in
cui il mondo antico tiene il lavoro, specie quello manuale. Ne è testimonianza
l’anonimato che caratterizza la massima parte degli artisti: rarissime sono le
firme che questi artisti sentono di potere o dovere apporre sulle loro opere e i
nomi trasmessi dalle fonti sono quasi unicamente quelli di pittori da
cavalletto, considerati molto più importanti dei decoratori.
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